Aumenta l’età, aumenta l’anzianità contributiva: si arriva al pensionamento con il fiatone. Esaminiamo la situazione 2016, ricordando che per alcuni lavoratori sono a disposizione “scorciatoie” che rendono più vicino il traguardo. I requisiti anagrafici e contributivi per la pensione di vecchiaia e per quella (poco) anticipata.
i Avete presente il cinodromo nel quale i cani corrono dietro una lepre finta e non la raggiungono mai? Bene, pensate alla pensione e con la fantasia immaginate di trovarvi dentro il vostro personale cinodromo, con la differenza, rispetto a quello reale, che la pensione-lepre qui sarà raggiunta. Ma con fatica, con molta fatica! Da quest’anno e per il triennio 2016-2018 è intervenuta una serie di norme che rende ancora più lungo il cammino verso la pensione e il sistema ancora un pochino più “avaro” nel calcolo della pensione. Sotto stress, insomma, diritto e misura. E se continua questo trend inarrestabile tra un decennio dovremo parlare della pensione come in una favola: c’era una volta! Entriamo nel vivo del discorso e fotografiamo le varie pensioni Inps 2016 solo sotto l’aspetto dei requisiti anagrafico e contributivo, ricordando anche le “scorciatoie” che ancora esistono per arrivare al traguardo in tempi più ravvicinati.
PENSIONE DI VECCHIAIA
Pensione ordinaria. C’è l’aumento per tutti di 4 mesi per raggiungere l’età minima di pensione. Si va in pensione con 66 anni + 7 mesi d’età. Ma per talune lavoratrici l’aumento è ben più consistente: le autonome (coldirette, artigiane, commercianti) hanno la pensione a 66 anni + 1 mese (aumento di 16 mesi), le dipendenti a 65 anni + 7 mesi (aumento di 22 mesi), mentre le donne del settore pubblico hanno i 4 mesi di prammatica, avendo già raggiunto la parità anagrafica con gli uomini. Questi aumenti così forti (16 e 22 mesi) non sono dovuti a un rigurgito di anti-femminismo ma alla necessità che tutto il genere femminile diventi “vecchio” alla stessa età del genere maschile. E questo rendez-vous si materializzerà con il 1° gennaio 2018: tutti in pensione a 66 anni + 7 mesi! Il successivo scatto per tutti i lavoratori, indipendentemente dal genere, si avrà con l’anno 2019, per il quale la scheda tecnica allegata alla legge di riforma Fornero prevede il pensionamento a 66 anni + 11 mesi (aumento di 4 mesi). Ma è probabile che questo scatto sia già obsoleto. La Ragioneria generale dello Stato, sulla base delle stime più avanzate dell’Istat, prevede che l’aumento sia di 5 mesi: pensionamento a 67 anni tondi tondi. Tradotti i numeri ora indicati in termini di calendario possiamo dire che per avere la pensione di vecchiaia nel corso del 2016 è necessario che i lavoratori siano nati: a) entro il 31 maggio 1950, se si tratta di uomini dipendenti e autonomi e donne del pubblico impiego; b) entro il 30 novembre 1950, se si tratta di donne autonome e parasubordinate; c) entro il 31 maggio 1951, se si tratta di donne dipendenti del settore privato. Per tutti i lavoratori dipendenti c’è un ulteriore requisito: la cessazione del rapporto di lavoro, senza la quale la domanda di pensione viene bocciata. Gli autonomi camminano invece sul velluto: possono continuare a lavorare senza soluzione di continuità.
Pensione contributiva. Per i lavoratori che hanno iniziato a versare i contributi dopo il 31 dicembre 1995 e che sono privi di precedente anzianità contributiva la pensione di vecchiaia, calcolata con l’esclusivo metodo contributivo, ha gli stessi requisiti (età e anzianità) innanzi indicati, ma con un ulteriore elemento di difficoltà. La pensione infatti viene liquidata solo se la persona ha versato contributi tali da ottenere una rata mensile di una volta e mezzo l’assegno sociale, cioè di 672,11 euro lordi. Altrimenti, niente pensionamento: la persona deve continuare a lavorare e versare i contributi per raggiungere tale limite minimo. E qui davvero si ripresenta in concreto la corsa delle lepri, in quanto ogni anno l’assegno sociale è destinato ad aumentare e perciò a crescere il limite minimo. Con il rischio che la persona non lo potrà mai toccarlo con mano. Ma se questa rincorsa non dà buoni frutti c’è lo “zuccherino”. La pensione viene assegnata e stavolta bastano solo 5 anni di contributi effettivi, ma questa agevolazione la legge se la fa pagare pesantemente: occorrono almeno 70 anni di età, che nel 2016 sono già 70 anni + 7 mesi. Pensiamo alla persona che ha un po’ meno di 67 anni, non ha più lavoro, e la domanda di pensione gli viene respinta perché la prestazione raggiunta è, poniamo, di 650 euro. Se costui non versa i contributi volontari dovrà stare per più di 3 anni a “pane e acqua” prima che l’Inps intervenga. Una situazione scandalosa!
PENSIONE ANTICIPATA
Pensione ordinaria. Si chiama anticipata e la qualificazione è vera se messa in relazione al tempo che occorre per la pensione di vecchiaia. Ma diventa semi-anticipata se la si guarda per se stessa, dovendo lavorare più di 42 anni per averla. Un tempo infinito se teniamo presente la situazione italiana di crisi, con il tasso di disoccupazione giovanile molto elevato, per cui l’inizio dell’attività ( molto spesso precaria, saltuaria, ciclica) si colloca come media, a essere ottimisti, sui 30 anni, situazione molto ricorrente per i dirigenti di azienda. Con il risultato che se poi si è costretti a lavorare tutto quel tempo arriva prima la pensione di vecchiaia che quella anticipata. Della serie: il primo classificato è il secondo! In altre parole: è una pensione solo per lavoratori precoci. I requisiti 2016 sono i seguenti: a) uomini = 42 anni + 10 mesi di contributi; b) donne = 41 anni + 10 mesi di contributi. Per chi riesce a ottenere la pensione prima di avere brindato ai 62 anni di vita non esistono più i tagli previsti dalla legge Fornero e pari : 1) 1% annuo per la fascia di età 60 e 61 anni: 2) 2% annuo per le fasce di età inferiori a 60 anni. Fino al 2017 i tagli sono stati neutralizzati e di recente sono stati annullati quelli fatti dall’Inps negli anni 2012-2015 (in base alla precedente norma), ma senza restituzione dei soldi prelevati sulla pensione fino a dicembre 2015. Anche per la pensione anticipata deve ricorrere, come terzo requisito, quello lavorativo: niente pensione per chi si presenta al nastro di partenza ancora lavorando in forma subordinata.
Pensione eccezionale. Un percorso più “umano” è previsto per i lavoratori che sarebbero andati in pensione nel 2012 avendo raggiunto i requisiti chiesti in quell’anno, ma si sono visti sfilare da sotto gli occhi la prestazione in quanto alla mezzanotte del 31 dicembre 2011 ha colpito duro la riforma Fornero. Per attutire il colpo basso è stata perciò inventata una pensione eccezionale per gli interessati. Possono andare in pensione a 64 anni di età (quindi con almeno due anni di anticipo) le persone che entro il 31 dicembre 2012 hanno raggiunto: a) almeno 35 anni di contributi; b) almeno la quota 96, un mix formato da 60 anni dì età + 36 di contributi o di 61 + 35. Questa possibilità vale per uomini e donne. Ma per queste ultime è stata introdotta una seconda e più favorevole scorciatoia: entro il 2012 bastano 60 anni di età + 20 anni di anzianità. Questa pensione – da essa sono esclusi i dipendenti del settore pubblico – postula che la persona abbia svolto alla data del 28 dicembre 2011 lavoro subordinato, anche se poi liquiderà la pensione a carico delle gestioni speciali Inps, perché è stata nel corso della vita lavorativa anche, ad esempio, artigiana o commerciante. Quest’anno la pensione dei 64 anni debutta sul palcoscenico previdenziale, ma tale età non va più bene: ci vogliono 64 anni + 7 mesi.
Pensione contributiva. Chi liquida la pensione anticipata con il solo sistema contributivo (sia perché ha iniziato a lavorare a partire dal 1996, sia perché ha optato per il calcolo contributivo avendo meno di 18 anni di anzianità al 31 dicembre 1995) deve rispettare i requisiti previsti (vedi prima) per le pensioni liquidate con il calcolo misto (retributivo + contributivo). Ma hanno la possibilità di avere la pensione anticipata “davvero anticipata” ( sia scusato questo gioco di parole!) a 63 anni di età (quest’anno è 63 anni + 7 mesi) con soli 20 anni di contributi, tra i quali non valgono quelli volontari, ma quelli effettivi versati prima dei 18 anni valgono una volta e mezza. Nella sostanza maturano questa pensione quest’anno solo le persone nate entro il 1° giugno 1953. Ma anche qui c’è un però: pensione accolta a condizione che l’ammontare mensile della prima rata di pensione sia almeno 2,8 volte la misura dell’assegno sociale, quest’anno 1.254,60 euro mensili. In caso contrario niente pensione.
Opzione donna. Non esiste più l’opzione donna in virtù della quale le lavoratrici fino all’anno 2015 potevano optare per il calcolo contributivo della pensione e andare a casa con soli 35 anni di contributi e 57 anni di età (nel 2015: età di 57 anni + 3 mesi). Con la legge di stabilità 2016 è stata annullata quella interpretazione incredibile dell’Inps (in ciò forzato dal Ministero del lavoro) in base alla quale occorreva che entro il 31 dicembre 2015 fosse maturato anche il tempo di attesa dell’apertura della finestra, pari a 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le autonome. Le cose sono state rimesse al giusto posto, come d’altro canto si evinceva leggendo la norma: entro il citato termine devono essere stati raggiunti i requisiti per la pensione e basta. L’attesa della finestra resta fuori dalla finestra (!) non essendo un requisito in senso stretto. Risultato? L’opzione dal 1°gennaio 2016 non c’è più, ma essa continua a operare sotto traccia per altri 12/18 mesi, per cui le ultime interessate potrebbero andare in pensione con il 1° gennaio e il 1° luglio del 2017. Pensione lavori usuranti. Senza entrare nel dettaglio che richiederebbe una spiegazione molto tecnica, ricordo che i lavoratori nei confronti dei quali viene confermata la mansione usurante (la domanda di riconoscimento all’Inps per la pensione 2016 va presentata entro il prossimo 1° marzo) possono ricevere la pensione al raggiungimento di quota 97,6 (61 anni + 7 mesi con 35 di contributi) o, a seconda dei casi, con quota 98,6 e 99,6 e 100,6. Ma per gli interessati riemerge la “finestra” del vecchio regime: per la pensione occorre poi attendere 12 mesi (18 per i lavoratori autonomi).