APE AZIENDALE
IL TERZO VOLTO DEL PRESTITO PENSIONISTICO
L’Ape volontario, che richiede la restituzione di quanto pagato al lavoratore prima della pensione, si trasforma in Ape aziendale quando il datore di lavoro (o l’ente bilaterale o il fondo di solidarietà) versa i contributi per tutto il periodo di pagamento dell’Ape per aumentare la futura pensione del lavoratore con il quale ha siglato un accordo in tal senso. Il contributo (per l’Inps è il 33% della busta paga) si paga in unica soluzione con F24-Elide al momento in cui matura la prima mensilità dell’Ape.
Nell’Ape volontario irrompono come comprimari anche i datori di lavoro del settore privato, gli enti bilaterali e i fondi di solidarietà. E’ la versione 2.0 dell’Ape, meglio conosciuta con il nome Ape aziendale.
La novità rispetto alla “casa madre” è una sola ma sostanziosa: al lavoratore in pensione (meglio: percettore del prestito pensionistico anticipato) viene garantito il versamento dei contributi pensionistici, come se fosse ancora al lavoro. Talché avrà la pensione, quella vera, calcolata anche per i periodi di Ape e perciò di assenza dal lavoro.
In interventi precedenti abbiamo illustrato le caratteristiche dell’Ape volontario, in particolare soffermandoci sui requisiti anagrafici, contributivi, e di lavoro. Diamo quindi per scontate queste informazioni per mettere a fuoco la procedura per ottenere quello che l’Inps definisce “incremento del montante contributivo individuale”.
Due condizioni.
Per aggiungere ai contributi già versati dal lavoratore al momento della richiesta di Ape (e che hanno agito da piattaforma sulla quale sono stati calcolati gli importi minimi e massimi del prestito) gli ulteriori apporti dell’azienda o dei fondi sopra indicati sono necessarie due condizioni: 1) un preliminare accordo individuale con l’interessato (senza tavoli da aprire con le rappresentanze sindacali); 2) il versamento immediato e anticipato dell’intera obbligazione contributiva.
Datori di lavoro.
Entriamo nel dettaglio iniziando a chiarire quali sono i datori di lavoro richiamati dalla legge 232/2016. Si tratta di datori di lavoro che hanno natura giuridica privata, indipendentemente dalla gestione nella quale versano i contributi e dalla natura di imprenditore. Il che significa che possono agire con l’Ape aziendale anche gli studi professionali, le associazioni di volontariato, i partiti politici e i sindacati, ecc. Fanno parte di essi anche quelli agricoli e gli enti pubblici economici, ma non la pubblica amministrazione.
Fondi di solidarietà.
Qualche difficoltà si crea nella disamina dei fondi di solidarietà, in quanto il versamento dei contributi è una nuova prestazione rispetto a quelle contemplate dal decreto legislativo 148/ 2015. Ciò comporta che l’operazione può farsi ma a condizione che siano adeguati i relativi accordi o contratti collettivi e i decreti interministeriali che convalidano gli accordi medesimi. Devono perciò essere regolate le modalità di finanziamento della prestazione in esame (se la stessa sia rientrante nell’ambito della contribuzione ordinaria, ovvero se serva un contributo specifico), le modalità di accesso alla prestazione, i criteri di precedenza e turnazione, etc.
Enti bilaterali.
Per quanto concerne gli enti bilaterali, a detta dell’Inps, possono rientrare in questa situazione quelli creati per la formazione e le Casse edili: sono essi che devono stabilire, se vogliono, l’attivazione della procedura.
Domanda di accesso.
Entriamo nella procedura da seguire. Abbiamo detto dell’accordo. Bene, una volta perfezionato, esso va accluso all’istanza di accesso all’Ape e, se si tratta di datore di lavoro o di ente bilaterale, deve contenere i seguenti dati e previsioni: a) dati identificativi completi del lavoratore e del datore di lavoro (ovvero dell’ente bilaterale), con i rispettivi codici fiscali; b) importo dell’incremento del montante contributivo; c) periodo assicurativo (data inizio e fine) per il calcolo del predetto montante; d) periodo previsto della riscossione dell’Ape; e) assunzione, da parte del datore di lavoro o dell’ente bilaterale, dell’obbligazione irrevocabile di versamento del contributo entro la scadenza di pagamento dei contributi relativi al mese di erogazione della prima mensilità dell’Ape. Le medesime informazioni devono essere presenti nel provvedimento di concessione della prestazione se si tratta di fondo di solidarietà.
L’Inps precisa di essere totalmente estraneo alla formulazione dell’accordo, ma che comunque esigerà il rispetto della scadenza di pagamento ovvero l’entità minima del dovuto.
Aliquota contributiva.
Ma quanto deve essere versato? Va pagata l’aliquota prevista in via obbligatoria dalla gestione pensionistica di riferimento. Per l’Inps è il 33% della retribuzione (34% sulle quote superiori a 46.630 euro lordi annui) moltiplicata per il periodo di Ape fino alla maturazione della pensione di vecchiaia. Se la prima mensilità Ape viene erogata – è un esempio – a marzo 2018, il versamento integrale va assolto entro il successivo 16 aprile. Sarà l’Inps a comunicare il mese di erogazione della prima mensilità di Ape. In caso di part-time plurimo, vale a dire più rapporti nello stesso arco temporale con datori di lavoro diversi, l’accordo può essere stipulato esclusivamente con un solo datore, a prescindere dalla misura dell’orario ridotto di lavoro contemplata nel contratto. In sostanza ciascun lavoratore può accordarsi con un solo obbligato (un datore di lavoro, o un fondo, o un ente bilaterale) per l’incremento del proprio montante contributivo.
Su quale retribuzione.
Qual è la base retributiva sulla quale calcolare il contributo? Si deve fare riferimento all’importo medio della retribuzione imponibile percepita nell’anno contributivo precedente la data della domanda. Quindi per le domande presentate nel 2018 si tiene conto della retribuzione media 2017. Se nell’anno precedente ci sono periodi non lavorati, o periodi coperti da sola contribuzione figurativa, bisogna andare indietro nel tempo (esempio: nel 2016) per ricostruire 52 settimane di lavoro effettivo.
E questa sarà la medesima procedura anche per i rapporti di lavoro part-time: si va indietro quel tanto che serve per reperire 52 settimane utili per la misura della pensione.
Un esempio.
L’esatto debito da saldare si ottiene dividendo la retribuzione per 52 settimane, ovvero 360 giorni, e moltiplicando il risultato per le settimane e i giorni che sono dentro l’arco temporale tra la decorrenza del prestito e quella della pensione. Facciamo un esempio riferito a lavoratore iscritto a Inps con 20 mila euro di retribuzione nelle ultime 52 settimane. Se la decorrenza dell’Ape è giugno 2018 e la pensione sarà pagata da gennaio 2020 il calcolo annuo teorico è il seguente: 20.000 moltiplicato 33 (aliquota Inps) diviso 100 = 6.600. Contributo complessivo: 6.600 diviso 52 settimane e moltiplicato per 74 settimane (il periodo tra giugno 2018 e gennaio 2020) = 9.392 euro, incremento del montante contributivo del lavoratore da pagare in unica soluzione.
Se nel periodo tra Ape e pensione avvenisse una modifica dell’aliquota contributiva essa sarebbe ininfluente sul calcolo quantificato all’inizio del prestito, che in tal modo diventa cifra fissa. Il versamento va fatto con “F24 Elide” con la causale “Apev”.
Calcolo finale.
Ultimo chiarimento. Sappiamo che la misura dell’Ape volontario oscilla entro limiti minimi e massimi, ricavati dalla misura della futura pensione calcolata dall’Inps sulla base dei contributi versati fino a quel momento. Ebbene, anche se in quel momento è eventualmente conosciuto il fatto che interverrà un incremento del montante contributivo del lavoratore, tale contributo, per così dire aggiuntivo, non ha alcuna influsso sul calcolo e sulla quantificazione aprioristica della futura pensione. Esso avrà valore sulla pensione che effettivamente sarà calcolata alla fine del percorso, e che, in relazione all’aumento del versato, sarà certamente superiore a quella virtuale inizialmente calcolata.