Assumere donne diventa un affare. Non si pagano al 100% i contributi Inps per la pensione, comunque fino a un massimo di 6 mila euro l’anno (500 euro al mese). Lo prevede la legge di bilancio 2021 (legge 178/2020) in via sperimentale con riferimento alle assunzioni che avverranno nel biennio 2021-2022. Ovviamente ci sono condizioni da rispettare, comprese quelle dettate dalla Commissione Europea.
Dipaniamo bene la matassa, sottolineando in primo luogo che l’intervento non riguarda tutte le donne in modo indistinto ma solo quelle “svantaggiate”. Chi sono esattamente?
Bruno Benelli.
E’ una norma importante e non isolata, in quanto si inserisce nel più ampio recinto degli incentivi che riguardano talune zone del territorio nazionale, lavoratori in formazione, giovani, ecc. Ma per le donne acquista un valore aggiunto, data la continua battaglia per ottenere la parità salariale e le condizioni di lavoro uguali senza differenze di genere.
E’ quindi ovvio che le imprese valuteranno con la lente di ingrandimento l’offerta della legge, soprattutto soppesando il costo del lavoro dopo la fine del periodo, prima di ricorrere all’incentivo.
Ma è anche una norma con il timer:
a) non solo perché si riferisce alle assunzioni dentro un biennio;
b) ma anche e soprattutto perché trascorsi i 12/18 mesi di sgravio l’azienda si ritroverà a pagare i contributi e i premi in misura piena, avendo esaurito il periodo di “vacanza” contributiva.
Datori di lavoro
Il beneficio riguarda le attività che agiscono nel privato, compresi i lavori agricoli e i datori che non hanno la figura di imprenditori. L’esonero non è ammesso per le pubbliche amministrazioni (Stato, scuole, regioni, comuni, camere di commercio, enti pubblici economici, Asl, aziende sanitarie ospedaliere, ecc.); invece sì per enti pubblici economici, consorzi industriali o di bonifica, enti morali, ecc.
Donne svantaggiate
Il beneficio è riconosciuto solo per l’assunzione di donne svantaggiate. Si tratta di:
- a) donne con almeno 50 di età e disoccupate da oltre dodici mesi;
- b) donne di qualsiasi età, residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione europea, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
- c) donne di qualsiasi età che svolgono professioni o attività lavorative in settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
- d) donne di qualsiasi età, ovunque residenti e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi. In questo arco di tempo la donna può avere svolto qualche lavoro subordinato di almeno sei mesi o una attività parasubordinata o comunque autonoma, a condizione che abbia ricevuto una remunerazione non superiore a 8.145 euro (lavoro dipendente) e a 4.000 euro (lavoro autonomo).
Quali rapporti di lavoro
L’incentivo in esame spetta per:
1) le assunzioni a tempo determinato;
2) le assunzioni a tempo indeterminato;
3) le trasformazioni a tempo indeterminato di un precedente rapporto agevolato;
4) le assunzioni a part-time.
L’incentivo invece non spetta per:
a) rapporti di lavoro intermittente;
b) prestazioni di lavoro occasionale;
c) rapporti di apprendistato;
d) contratti di lavoro domestico.
Durata del beneficio
Lo sconto spetta per:
a) 12 mesi per assunzioni a tempo determinato;
b) 18 mesi per assunzioni a tempo indeterminato;
c) 18 mesi per trasformazioni a tempo indeterminato di un rapporto a termine già agevolato. I periodi partono dalla data di assunzione.
Come già stabilito per altre agevolazioni, il periodo dell’incentivo può essere sospeso esclusivamente nei casi di assenza obbligatoria dal lavoro per maternità, consentendo in tale ipotesi, il differimento temporale del periodo di godimento.
Incentivo: quanto?
L’incentivo è l’esonero 100% dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, nel limite massimo di 6.000 euro annui. Nei rapporti di lavoro a tempo parziale, il massimale dell’agevolazione deve essere proporzionalmente ridotto.
Alcune contribuzioni minori non sono inserite nel pacchetto dello sgravio. Si tratta ad esempio del contributo dovuto per finanziarie il tfr, dei contributi relativi ai Fondi di solidarietà, di quello 0,30% relativo ai Fondi interprofessionali per la formazione continua, ecc.
Il Ministero del lavoro chiarisce che l’esonero pieno riguarda anche i contributi dovuti all’Inail per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
Condizioni da rispettare
Se il datore di lavoro chiede all’Inps l’incentivo è bene sapere che sono richiesti:
1) regolarità degli obblighi di contribuzione previdenziale
2) assenza di violazioni delle norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro e rispetto degli altri obblighi di legge
3) rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, regionali, territoriali o aziendali
4) incremento occupazionale.
Incremento occupazionale
In primo piano tra le condizioni è la realizzazione dell’incremento occupazionale della forza lavoro riferito, attenzione, ai 12 mesi successivi all’assunzione rispetto alla forza reale al momento dell’assunzione. Ciò significa che l’esonero è sub judice:
a) se si riscontrerà un incremento occupazionale netto le quote mensili di incentivo già godute si “consolidano”;
b) in caso contrario il datore di lavoro è tenuto alla restituzione delle singole quote di incentivo ricevute.
In sostanza solo alla fine del 2021 ad esempio si stabilirà in modo definitivo se ci sia stato incremento rispetto al 2020.
A questo proposito non si tiene conto delle riduzioni di personale che nel frattempo si sono verificate a seguito di: dimissioni volontarie; invalidità; pensionamento per raggiunti limiti d’età; riduzione volontaria dell’orario di lavoro; licenziamento per giusta causa. Per i dipendenti a tempo parziale il calcolo è ponderato in base al rapporto tra le ore pattuite e il normale orario di lavoro a tempo pieno.
Per ogni mese
L’Inps precisa che il calcolo della forza lavoro mediamente occupata deve essere effettuato e mantenuto per ogni mese. Il venire meno dell’incremento fa perdere il beneficio per il mese di calendario di riferimento; l’eventuale ripristino dell’incremento per i mesi successivi consente di ottenere di nuovo il beneficio dal mese di ripristino fino alla sua originaria scadenza, ma non consente di recuperare il beneficio perso.
L’incremento deve essere valutato in relazione all’intera organizzazione del datore di lavoro e non rispetto alla singola unità produttiva presso cui si svolge la prestazione di lavoro.
Assunzioni “invalide”
Ma non tutte le assunzioni sono “valide” a generare – ma solo a questi fini – un incremento della forza lavoro. Valide di per sé ovviamente, ma non produttive di effetti ai fini del nostro discorso. L’esonero contributivo non spetta se ricorre una delle seguenti condizioni:
1) l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva;
2) l’assunzione viola il diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato;
3) presso il datore di lavoro sono in atto sospensioni dal lavoro connesse a una crisi o riorganizzazione aziendale;
4) l’assunzione riguarda lavoratrici che sono state licenziate nei sei mesi precedenti da aziende che hanno assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore di lavoro.
La pensione resta integra
Il fatto che per 12/18 mesi l’azienda non versi i contributi Inps non significa che al guadagno del datore di lavoro si contrapponga la speculare perdita di anzianità contributiva per le donne svantaggiate. Non pagare i contributi ha riflesso solo sul bilancio generale dell’Istituto di previdenza. Ai fini della pensione le somme risparmiate sono calcolate e accreditate nel conto assicurativo-contributivo della lavoratrice, evitandole qualsiasi danno pensionistico.