Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 54 del 6 marzo 2015 del Decreto Legislativo 4 marzo 2015 n. 22, recante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati” e del Decreto Legislativo 4 marzo 2015 n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti”, divengono definitivamente operativi i primi due provvedimenti attuativi del cd. “Jobs Act”, in attuazione della Legge 10 dicembre 2014, n. 183.
Entrambi i provvedimenti sono entrati in vigore dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e, pertanto, da sabato 7 marzo 2015.
Per quanto riguarda il nuovo contratto a tutele crescenti, è opportuno sottolineare che si applica ai lavoratori del settore privato (con esclusione, quindi, dei lavoratori del pubblico impiego) assunti con contratto a tempo indeterminato, per i quali stabilisce una nuova disciplina dei licenziamenti individuali, attraverso una modifica dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (per i lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore del decreto restano valide le norme precedenti).
Il proposito dichiarato del Governo, attraverso l’introduzione di questa nuova forma contrattuale, è di stimolare l’interesse delle imprese verso nuova occupazione, anche grazie all’incentivo introdotto dalla Legge di Stabilità 2015 (Legge 23/12/2014, n. 190, art.1, commi 118-124) relativo all’esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate nell’anno 2015, per un periodo massimo di 36 mesi e un importo massimo pari a 8.060 Euro su base annua (incentivo che si applica anche per le assunzioni di dirigenti).
Il D. Lgs. n. 23/2015, all’art. 1, specifica che destinatari di tale disciplina sono i lavoratori con qualifica di operai, impiegati e quadri, escludendo pertanto i dirigenti dal campo di applicazione del nuovo regime di tutela in caso di licenziamento illegittimo.
L’esclusione della nostra Categoria dal complesso delle disposizioni in esame, scaturisce evidentemente della peculiare disciplina giuslavoristica che per la Categoria dei dirigenti già esclude la tutela reale, salvo casi particolari, con conseguente impossibilità di reintegra sul posto di lavoro.
Da tale impianto normativo consegue la mancata applicazione delle norme in commento, tra le quali si evidenzia, in particolare, la nuova disciplina dell’offerta di conciliazione (art. 6) che il datore di lavoro può attivare per evitare il possibile contenzioso giudiziario successivo al licenziamento: uno strumento conciliativo introdotto con l’espressa volontà di deflazionare il contenzioso giudiziario del lavoro che non viene, quindi, esteso ai casi di licenziamento dei dirigenti a cui, nella pratica comune, spesso il datore di lavoro fa seguire una proposta transattiva, proprio per evitare ogni possibile impugnazione successiva e riconoscere l’estinzione definitiva del rapporto di lavoro alla data del licenziamento.
Su questo specifico tema, è intendimento della Federazione verificare tutti gli spazi per rendere questa disciplina applicabile anche ai dirigenti.
Passando al secondo decreto legislativo, recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, che si applica, invece, anche ai dirigenti, occorre innanzitutto segnalare che, pur apprezzandone l’impostazione di fondo tesa a dare un maggiore peso alle politiche attive tendenti a privilegiare la ricerca di nuova occupazione rispetto agli strumenti di sostegno passivo, vi è un forte disallineamento tra gli stanziamenti relativi alle politiche attive e quelli relativi alle politiche di sostegno al reddito, a vantaggio di queste ultime.
Per il 2015, infatti, a fronte di una spesa complessiva di 2.200 milioni di euro destinati alle politiche passive, è prevista una spesa di soli 50 milioni per il contratto di ricollocazione, il nuovo strumento individuato per favorire la rioccupabilità di chi ha perso il posto di lavoro – applicabile anche ai dirigenti – mettendo a disposizione dei voucher a copertura dei costi per la ricerca di lavoro.
Con il D. Lgs. n. 22/2015, in sintesi, si introduce la Naspi, la nuova assicurazione sociale per l’impiego, che vale per gli eventi di disoccupazione che si verificheranno a decorrere dal 1° maggio 2015 e per tutti i lavoratori dipendenti (compresi i dirigenti) che abbiano perso l’impiego e che hanno cumulato almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni di lavoro ed almeno 18 giornate effettive di lavoro negli ultimi 12 mesi.
Inoltre, in via sperimentale per quest’anno, viene introdotto l’Asdi, l’assegno di disoccupazione che verrà riconosciuto a chi, scaduta la Naspi, non ha trovato impiego e si trovi in condizioni di particolare necessità.
Per i contratti di collaborazione parasubordinata (iscritti alla Gestione separata INPS) che perdono il lavoro viene introdotta l’indennità di disoccupazione Dis-Col (Disoccupazione per i collaboratori), che presuppone tre mesi di contribuzione nel periodo che va dal primo gennaio dell’anno precedente l’evento di disoccupazione alla data del predetto evento.
Per completezza, infine, si segnala che nel corso del Consiglio dei Ministri del 20 febbraio 2015,in cui sono stati definitivamente approvati i due decreti attuativi in esame, il Governo ha altresì approvato in via preliminare gli schemi dei decreti legislativi in materia di revisione delle tipologie contrattuali e di misure per la conciliazione vita-lavoro, sempre nell’ambito dell’attuazione della delega del “Jobs Act”, trasmessi alla Camera dei Deputati e al Senato per l’espressione del parere da parte delle rispettive Commissioni Lavoro.