Il Parlamento ha emanato due provvedimenti con i quali si crea un percorso “dolce” verso la quiescenza attraverso la riduzione dell’orario di lavoro, mantenendo ugualmente il diritto alla pensione piena e si viene incontro alle prime esigenze delle lavoratrici che hanno subito violenza di genere attraverso il riconoscimento di un congedo pagato e dei completi contributi per la pensione. Di seguito il primo articolo sul part-time agevolato cui seguirà, nella prossima newsletter, quello sul congedo alle donne violentate.
PENSIONE FULL-TIME CON LAVORO PART-TIME
Non è la pensione flessibile, ma in un certo senso si incammina su quella strada. Non è la flessibilità della pensione, ma è la flessibilità dell’uscita dal lavoro attraverso la riduzione dell’orario. Stiamo parlando della legge di stabilità 2016 che all’art. 1, comma 284, riconosce ai lavoratori con contratto a tempo indeterminato e a tempo pieno, prossimi al pensionamento di vecchiaia, di poter trasformare il rapporto di lavoro a tempo parziale con una riduzione dell’orario di lavoro compresa tra il 40% e il 60%. La possibilità vale per tutti i lavoratori dipendenti di aziende di qualsiasi dimensione operanti nel settore privato (qualunque sia il fondo pensionistico cui sono iscritti) con esclusione dei dipendenti pubblici e anche di colf e badanti.
Età minime. Condizione di base: raggiungere i requisiti per la pensione di vecchiaia entro il 31 dicembre 2018 (cioè età minima e versamento di contributi per almeno 20 anni).
Le età minime nel triennio 2016 – 2018 sono le seguenti.
A – Uomini : 66 anni + 7 mesi.
B – Donne : 65 anni + 7 mesi nel biennio 2016-2017
66 anni + 7 mesi nell’anno 2018
Chi, avendo i requisiti sopra richiamati, passa dal full-time al part-time (orizzontale o verticale), entro i limiti che vanno dal 40 al 60 per cento, ha un incentivo economico di tutto rilievo. Allo stipendio ridotto in relazione al nuovo orario di lavoro può aggiungere la quota dei contributi che il datore di lavoro risparmia dovendo rapportare i contributi allo stipendio ridotto e non più a quello pieno. Ebbene, su questa differenza che non entra nelle casse dell’Inps, il relativo contributo (pari al 23,81% dello stipendio) non va a finire nella tasche del datore di lavoro, ma viene dirottato su quelle del lavoratore.
Ulteriori benefici. Con ulteriori benefici a cascata. La relativa somma: a) non concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente; b) non è assoggettata ad alcuna forma di contribuzione previdenziale, compresa l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Il lavoratore che accetta la trasformazione del rapporto, inoltre, avrà diritto, dal primo giorno del mese successivo al perfezionamento del procedimento amministrativo di autorizzazione, all’accredito della contribuzione previdenziale figurativa calcolata sulla retribuzione persa per effetto della trasformazione del rapporto.
Contributi pieni. E non è finita qui. Il part-timer ha diritto alla contribuzione piena, come se continuasse a ricevere lo stipendio full-time. Contributi versati: a) dal datore di lavoro sulla parte retributiva; b) dall’Inps per la parte che completa l’operazione. La pensione ne esce sana e salva. Un po’ meno il bilancio Inps, tanto è vero che per evitare deficit pesanti, la legge mette a disposizione espressi limiti di spesa (per quest’anno ad esempio 60 milioni di euro, 120 milioni nel 2017 e 60 nel 2018), superati i quali l’Inps non accoglierà altre domande.
Il percorso.
Vediamo come si snoda il percorso amministrativo di questo sistema.
1. L’azienda e il lavoratore trovano l’accordo per trasformare il lavoro in part-time.
2. Si chiede all’Inps quale sia la situazione contributiva del lavoratore.
3. Inps conferma se esistano i requisiti entro il 31 dicembre 2018 e in caso positivo certifica in via ufficiale: a) età minima pensionabile entro il 31 dicembre 2018; b) anzianità contributiva minima di 20 anni
4. Le parti stipulano il contratto di lavoro con “part-time agevolato”
5. Il datore di lavoro trasmette l’accordo alla Direzione territoriale del lavoro competente per territorio con le modalità che sono fornite dal Ministero, ed entro cinque giorni emanare il provvedimento di autorizzazione. Stavolta i ritardi si rivolgono contro la burocrazia: trascorso il periodo scatta il silenzio-assenso: l’operazione si intende autorizzata.
6. Non è finita. Il datore di lavoro inoltra istanza telematica all’Inps con tutti i dati necessari, secondo le istruzioni operative dell’Istituto di previdenza, che risponde entro 5 giorni lavorativi comunicando l’ accoglimento o il rigetto dell’istanza. Controllando anche che non siano superati i limiti di spesa, altrimenti la domanda avrà risposta negativa.
7. Solo in questo momento l’operazione si perfeziona. Da questo momento parte la riduzione dell’orario e tutte le altre incombenze sopra illustrate.